Suor Teresa Forcades: “Adozioni gay? Ai bambini serve un amore maturo, il sesso dei genitori non conta”
La teologa femminista, che da un anno è uscita dalla clausura per occuparsi di politica, parla di unioni civili e matrimoni omosex: “E’ sempre sacramento di Dio se c’è rispetto per la libertà dell’altro”
di GERALDINE SCHWARZ
ROMA – “Se si è contro le unioni civili perché queste permettono l’unione tra persone dello stesso sesso, mi sembra che questo sia in fondo solo paura delle differenze. Il valore fondamentale del matrimonio è che rappresenta un impegno per sempre. Credo che sia importante sottolineare questo in una società che tende alla superficialità e alla strumentalizzazione delle persone: sto con te perché mi servi, o mi sei utile, o mi dai piacere, o mi diverti o quello che sia. Sono contro questo atteggiamento chiaramente e l’unione civile può essere seria come una religiosa, dipende dal grado di impegno che ci si mette.” A parlare è suor Teresa Forcades, monaca benedettina di clausura che da un anno è uscita dal Monastero di sant Benet a Barcellona (con una dispensa vaticana) per occuparsi di politica e sostenere l’indipendenza della Catalogna con il movimento politico che ha fondato Proces Constituent. “Rivoluzionaria e pacifica” come lei stessa si definisce, suor Teresa, 49 anni, laureata in medicina e in teologia, a Barcellona e ad Harvard, è schietta, mite, parla e sorride nonostante le critiche che spesso la raggiungono. Combatte le multinazionali farmaceutiche, è scesa in politica e parla di temi caldi da un punto di vista “teologico” anche per la più libertaria Spagna. Spesso è censurata ma poi, in qualche modo, la sua voce riesce a sentirsi. Perché dice: “La preghiera mi dà forza”.
Cosa pensa delle unioni civili e dei matrimoni omosex, possono essere considerati come un sacramento, possono funzionare agli occhi di Dio e della società?
“Un sacramento è la manifestazione dell’amore di Dio nello spazio e nel tempo. L’amore è sempre sacramento di Dio se rispetta la libertà dell’altro. L’amore possessivo, al contrario, anche se è tra un uomo e una donna, può non essere sacramentale nel significato profondo del termine”.
Bambini “adottati” da una famiglia omosex, con due padri o con due madri, crede che possano crescere in modo sano?
“Sí, assolutamente. Quello di cui i bambini hanno bisogno è di un amore adulto, maturo e responsabile da genitori che antepongano le loro necessità alle proprie e che sappiano nello stesso tempo porre loro dei giusti limiti e aiutarli a crescere. Il fatto di crescere con due donne o con due uomini non rappresenta nessun problema. Nel medioevo molti bambini crescevano in Monastero solo con donne o solo con uomini e molti di essi sono diventati santi”.
Cosa pensa della maternità surrogata?
“Il graduale accumulo di ricchezza nelle mani di pochi è lo scandalo del nostro secolo. La maternità surrogata è un abuso di potere in un mondo economicamente sbilanciato come quello attuale nel quale viviamo. Mette sempre più spesso donne povere nelle condizioni di scegliere se commercializzare e vendere la propria maternità o condannare se stesse e i loro figli alla miseria. E’ estremamente crudele, come lo è anche quando le donne devono emigrare e abbandonare la famiglia per guadagnare un minimo stipendio per sopravvivere o finiscono nella rete della prostituzione per la stessa ragione. Secondo l’ultimo rapporto della confederazione di studio di Oaxfam International, l’1% della popolazione mondiale possiede più ricchezza del restante 99%. A parte lo sfruttamento economico, rifiuto la maternità surrogata per ragioni etiche: la psiche di una persona comincia costituirsi durante la gravidanza attraverso la percezione della voce e gli effetti degli ormoni materni che circolano nei tessuti fetali e che si accordano alla voce e dallo stato d’animo della madre. Quindi, la separazione dalla madre biologica è sempre traumatica per il bambino e deve evitarsi per quanto possibile”.
Cosa pensa della posizione del Vaticano sui temi dei diritti civili e temi bioetici?
“La dottrina della Chiesa difende la dignità della persona e rifiuta la sua strumentalizzazione però in alcuni casi come nell’aborto, o per l’eutanasia, il principio di autodeterminazione della persona che è un principio riconosciuto e difeso dalla Chiesa, si scontra con la difesa della vita e con il riconoscimento della vita come dono di Dio. Io credo che la chiesa debba continuare a difendere la vita come un dono del quale non si può disporre a proprio piacimento. Ma credo che la maniera migliore di farlo non sia promuovere leggi che criminalizzano le donne che interrompono la gravidanza. Non si può salvare la vita del feto senza mettere sotto accusa i diritti della madre. Allora è necessario chiedersi se vogliamo che uno Stato forzi una donna a scegliere per il bambino, In questo caso, solo in questo caso, io propendo per la madre. Io credo che non si possano strumentalizzare le persone: non si può fare della madre uno strumento per la vita del bambino ma allo stesso tempo, e questo vale per la pratica della surrogazione, non si può neanche fare del bambino uno strumento del desiderio”.
Si sente rivoluzionaria e femminista come la definiscono alcuni? in che senso?
“Mi sento una rivoluzionaria pacifica. Mi sento femminista perché voglio riconoscere il lavoro delle prime donne, pioniere del femminismo che si chiamarono così mentre lottavano per il diritto a entrare all’università, al voto, a essere governanti nella società o a detenere i massimi incarichi nella chiesa o nella religione. Sono contro la violenza e non la considero utile a cambiare la società però sono rivoluzionaria perché credo che la nostra società non si debba riformare ma debba proprio cambiare radicalmente. Per esempio difendo il diritto alla proprietà ma non sono d’accordo quando vuole essere un valore assoluto. In questo sono contro i principi capitalistici”.
Ha intrapreso molte battaglie, c’è qualcuno che ha cercato di farla restare in silenzio? Quali sono le critiche che le vengono rivolte e se ha subito resistenze, da parte di quali ambienti?
“Mi hanno censurato, cancellato conferenze sia in ambito medico che politico che religioso. Per la medicina, per le mie critiche contro le industrie farmaceutiche. Per la politica, per le mie critiche alla politica del governo israeliano nei confronti della popolazione palestinese. In ambito religioso, perché difendo le unioni omosessuali e per il mio femminismo. L’ultimo episodio quando dovevo andare in Israele per una conferenza e non mi hanno fatto entrare nel paese, mi hanno rimandata indietro”.
Come vive questo suo doppio ruolo di impegno civile e preghiera?
“Continuo a studiare e a scrivere e resto in solitudine, la preghiera mi dà forza e permette che io possa lottare senza acredine con il cuore aperto. Al monastero, dove a volte ritorno per qualche giorno, l’orario ufficiale è di cinque ore di preghiera e sei di lavoro. Fuori dal monastero l’attività è molto più intensa e sono fortunata se riesco a raggiungere un’ora di preghiera al giorno”.
Quali sono oggi per lei gli ostacoli sul cammino delle donne nella Chiesa?
“L’ostacolo maggiore è l’interiorizzazione di una coscienza che dice che le donne devono avere un ruolo secondario rispetto a quello degli uomini e che Dio desidera così”.
Ha mai incontrato Papa Francesco?
“No, ma mi piacerebbe”.
Come ha deciso di diventare suora di clausura?
“Sono andata al monastero come ospite. Stavo cercando un luogo per studiare e ho sentito una chiamata interiore. Dopo due anni sono entrata”.
A giugno scadrà questo suo primo anno di pausa, ha deciso se continuerà a stare “fuori” o tornerà “dentro” in clausura?
“Dipende se sarà ancora necessario avere qualche tipo di impegno con la politica. Fino a quando farò attività politica e per un massimo di tre anni vivrò fuori dal monastero ma può anche essere che tra pochi mesi tornerò a vivere dentro. Questo dipende da come si svilupperà la situazione politica in Catalogna dove mi batto per l’indipendenza”.
Ha un padre spirituale?
“Più di uno e anche più di una madre. Mi sembra molto importante l’accompagnamento nella vita spirituale. Però è fondamentale anche saper accettare la responsabilità ultima del proprio cammino”.
Fonte: repubblica.it
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