Unioni civili, l’appello di Arcigay: “Il Parlamento non umili ancora gay e lesbiche”

Tra meno di sette giorni il DDL Cirinnà tornerà in Senato e il percorso che si appresta ad affrontare rischia di essere lungo e tortuoso dopo quanto accaduto nei giorni scorsi.

É per questo che Arcigay, attraverso il segretario nazionale Gabriele Piazzoni, ha deciso di rivolgere un appello a tutto il Parlamento italiano, dal Senato che determinerà i primi passi di questo disegno di legge alla Camera, chiamata ad approvarlo subito dopo:

Dopo le docce fredde a catena degli ultimi giorni, ci apprestiamo con la ripresa del dibattito sul ddl Cirinnà al Senato ad attraversare la parte più penosa di questo percorso, quella che tutte e tutti ci saremmo volentieri evitati. Dopo l’avvilente scontro procedurale arriva il tunnel degli emendamenti: ci aspettano centinaia di discussioni e voti inerenti le proposte emendative avanzate dai senatori, quasi tutte basate sul dileggio, l’umiliazione e la discriminazione delle persone omosessuali. Ascolteremo ad esempio le argomentazioni del senatore Malan che chiede che con l’unione civile si consumi sesso nel palazzo comunale o che si possa celebrare semplicemente con un sms; ascolteremo Giovanardi chiedere che nella coppia omosessuale, al momento dell’unione, sia reso chiaro “chi fa il marito e chi la moglie”; ascolteremo la senatrice Fattorini, assieme ai colleghi Lepri Del Barba e Scalia, spiegarci perché in una famiglia omogenitoriale si ritiene opportuno interrompere il legame parentale tra il genitore non biologico e il figlio una volta avviata la separazione tra i coniugi. Ascolteremo, insomma, il peggio.

L’appello prosegue dando eco a quello che tutti, ascoltando i senatori darsi battaglia in Aula, abbiamo pensato e continuiamo a pensare:

In un dibattito che già ha mostrato al Paese pagine infami di storia parlamentare, e in una discussione che ha fatto un uso quantomeno funambolico della parola coscienza, è proprio alla coscienza delle elette e degli eletti che rivolgiamo il nostro appello: la legge sia approvata così com’è e ci sia risparmiata la pena di un dibattito umiliante. Non spetta a noi suggerire meccanismi o strategie per scongiurare un altro vergognoso circo, ma è proprio a noi invece che spetta prendere parola in questo momento a nome dei milioni di persone che il Parlamento con ogni probabilità umilierà pubblicamente, in un dibattito che col buonsenso e un po’ maturità si sarebbe potuto evitare. Non ci appassiona la disputa sui canguri, le tagliole o le ghigliottine: non è affar nostro, a questo punto. Ma siamo certi che nessun teorico della democrazia si azzarderebbe a definire democratica una discussione che si pone l’obiettivo evidente e per nulla accidentale di umiliare una parte di popolazione.

Fonte: Queerblog

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