1968
Antonella Bellutti è la dimostrazione plastica che le etichette non sono mai efficaci quando si raccontano le persone, perché lei ogni tentativo di definizione l’ha superato.
È un’atleta, una campionessa, ma non basta: è tutt’oggi l’unica atleta azzurra, donna o uomo, ad aver fatto parte della nazionale di tre differenti federazioni e l’unica ad aver gareggiato sia nelle Olimpiadi estive che in quelle invernali, vincendo due ori in due edizioni consecutive in due discipline diverse.
È un’attivista inarrestabile, dopo l’agonismo entra nel CONI dove si impegna su più fronti per le pari opportunità nel mondo dello sport. Mette a disposizione degli altri la sua esperienza, scrive ed è docente in corsi di formazione per lo sviluppo della consapevolezza e di uno stile di vita sano, è relatrice TED. Il suo nome è nella Walk of Fame dello Sport italiano, si interessa di diversi temi sociali e ambientali.
Con la sua compagna Viviana Maffei gestisce la Locanda Itinerande – proprio così, itinerande gerundio plurale – di Andogno, un posto immerso nella bellezza delle Dolomiti, dove fare sport e godere della natura e dei suoi prodotti in maniera sana e responsabile.
E se questo non fosse abbastanza, Antonella è stata la prima donna a sfidare il patriarcato nelle istituzioni sportive, candidandosi alla presidenza del CONI; nel suo manifesto, basato sull’importanza dello sport come fattore di crescita individuale e sociale, per la prima volta si parla di contrasto alla violenza e alle molestie, all’abilismo, al razzismo, alla omolesbobitransfobia e ogni altra forma di discriminazione.
Non è facile scegliere di mettersi in gioco, esporsi a critiche, a rischi, fatiche ma è certamente più difficile non farlo, forse quasi un rimpianto inconsolabile, se è per una causa percepita come giusta e necessaria. Non è semplice sfidare un sistema di gestione di potere consolidato e così maschile, ma se oggi sono qui è perché l’idea di candidarmi, nata già anni fa, è maturata grazie a una crescente motivazione che ha trasformato quell’idea in un’azione che sento doverosa anche per rispetto della gioia avuta vincendo i due ori olimpici.